Non appena si diffondono i dagherrotipi, la prima richiesta fatta ai fotografi fu quella di renderli ancora più uguali al vero cioè colorati.
Si iniziò a cercare modi per superare questa carenza e le prime fotografie colorate fecero la loro apparizione in quello stesso anno. Il colore veniva applicato a mano, direttamente sulla superficie del dagherrotipo. Da allora sono state brevettati decine e decine di miglioramenti e nuovi processi per uso commerciale.
In particolare negli Stati Uniti, si impiegarono quattro metodi principali nella colorazione dei dagherrotipi:
1. applicando il colore direttamente a un dagherrotipo dorato (l'oro migliorava aspetto e stabilità);
2. applicando una vernice protettiva trasparente sopra la piastra, poi colorando a mano con vernici;
3. applicando i colori trasparenti a specifiche aree dell'immagine e fissandoli passando una corrente elettrica attraverso la piastra, con l'aiuto di una batteria galvanica;
4. riscaldando la parte posteriore della piastra con una lampada a spirito, invece di una batteria, per fissare i colori applicati selettivamente alla parte anteriore della piastra.
Prima di arrivare ad ottenere dei risultati soddisfacenti, si verificano anche truffe clamorose. Il capostipite dei truffatori fu il pastore americano di Westkill, New York, Levy Hill che nel 1851 pubblica sui giornali l'annuncio d'essere in grado di produrre dagherrotipi colorati, lo confermano testimoni autorevoli personaggi politici, religiosi che sono stati spettatori al procedimento. Si tratta in realtà di un trucco con dagherrotipi virati o tinteggiati a mano. Prima d'essere smascherato Hill guadagna una fortuna, al punto di rinunciare al ministero per dedicarsi a tempo pieno alla fotografia, finché viene chiamato in giudizio e l'inganno del procedimento Hillotype si svela. Soffrendo di bronchite cronica crede che l’inalazione dei fumi delle sostanze chimiche fotografiche lo aiuti, andando invece incontro a una morte prematura conquistandosi però un primo posto nell'Olimpo fotografico.
Bibliografia
https://fotografiaartistica.it/la-prima-fotografia-a-colori-della-storia/
Ando Gilardi, Storia sociale della fotografia. Milano : Feltrinelli, 1996, p. 143-144