Nel passaggio dal XIX al XX secolo, l’economia di Trieste articolava ancor più che nel passato la sua fisionomia di “cerniera logistica” per il collegamento tra il Mediterraneo e l’Europa centrale. Subirono una rapida evoluzione le attività commerciali e marittime, le industrie legate a quelle attività e alla trasformazione delle merci in arrivo, ma anche la finanza, i servizi per l’amministrazione, la formazione e lo svago, per arrivare ad una attività edilizia addirittura febbrile, con la costruzione di quartieri residenziali, nuove aree destinate al porto, ai commerci e
all’industria e, infine, una intensa attività di ristrutturazione dei servizi urbani negli anni dei “podestà edificatori” (Dompieri, Sandrinelli, Valerio), tra il 1897 e il 1914.
Bastano pochi dati per capire la trasformazione avvenuta nel periodo: in 25 anni il tonnellaggio delle navi appartenenti alle diverse società di navigazione triestine più che raddoppiò (da meno di 200 a più di 400mila tonnellate), ma soprattutto va ricordato che nel 1891 più della metà di quel tonnellaggio apparteneva a navi a vela,
mentre nel 1914 per quasi il 90% apparteneva a navi a vapore. In quegli anni, tutto il sistema economico triestino abbracciò con convinzione le nuove tecnologie: dal telegrafo all’illuminazione elettrica, dalle industrie chimiche all’utilizzo pionieristico del cemento armato nella costruzione delle nuove strutture portuali.
Trieste era diventata a tutti gli effetti una delle capitali commerciali del Mediterraneo, ricavando notevoli benefici dall’incremento vissuto dall’economia europea in quel periodo. Ma una simile specializzazione rappresentava allo stesso tempo un rischio nel lungo periodo, soprattutto quando la competizione nazionale all’epoca in pieno svolgimento portò ad ipotizzare che il ruolo “tecnico” e strumentale dell’economia triestina fosse indipendente dalle condizioni anche politiche ed istituzionali nelle quali si era sviluppata, e potesse transitare senza eccessive difficoltà verso un sistema diverso.
I Cantieri navali.
Nella seconda metà dell'Ottocento, la tradizione navalmeccanica triestina in sostanza coincideva con l'evoluzione degli affari e con le scelte strategiche del Lloyd Austriaco: servizi prestigiosi, in gran parte di linea e quindi assicurati indipendentemente dalla quantità di passeggeri e merci, fortemente sovvenzionati dallo Stato e concentrati su alcune rotte ed aree specifiche, interessanti tanto dal punto di vista commerciale che da quello dei legami politici della Monarchia asburgica. Dal 1891, il grande sviluppo della navigazione “libera” (ovvero non sovvenzionata e non legata a rotte precise ed orari fissi) avvenne in gran parte acquistando all'estero navi di seconda mano, e soltanto in un secondo tempo furono acquisite navi di costruzione nazionale.
Nel frattempo, i vecchi Cantieri navali risultarono completamente impegnati nella costruzione di navi da guerra, ordinate in massa dalla Marina Imperiale asburgica per tenere il passo con la confrontation navale che stava infiammando i rapporti tra Germania e Gran Bretagna, costringendo tutte le altre Marine a dotarsi rapidamente di naviglio tecnologicamente all'altezza dei mutati equilibri strategici, con una particolare attenzione al nuovo tipo di navi corazzate.
Abbondanti finanziamenti statali sostennero la costruzione di un nuovo Cantiere a Monfalcone e l'ingrandimento degli impianti esistenti. Il Golfo di Trieste, dalla sua estremità occidentale a Muggia, divenne nel giro di pochi anni un'area navalmeccanica attrezzata per la costruzione delle navi più grandi e moderne del Mediterraneo.
Fotografo non identificato
Varo della corazzata SMS Habsburg alla presenza dell'arciduca ereditario Francesco Ferdinando e della sua consorte duchessa Sofia di Hohenberg, Cantiere San Marco 9 settembre 1909
Inv. CMSA F26664
Alois Beer (1849-1916)
Varo della corazzata Erzherzog Franz Ferdinand, Cantiere San Marco 30 settembre 1908
Inv. CMSA F19658
Le industrie.
In tutto il mondo, tra il 1870 ed il 1913 i costi dei trasporti calarono del 50%, ed il volume del commercio internazionale aumentò del 400%. Fu una “rivoluzione dei trasporti”, che portò ad una prima globalizzazione delle economie più sviluppate. All'interno di un andamento così dinamico, le attività produttive che si collocavano vicino ai maggiori snodi del sistema internazionale della mobilità potevano godere di numerosi vantaggi, che invece erano negati a chi rimaneva confinato in aree dove i costi dei trasporti rimanevano più alti.
Per queste ragioni, nei decenni a cavallo tra Ottocento e Novecento i porti divennero delle vere calamite anche per attività non direttamente legate agli scambi commerciali, ma che potevano trarre beneficio da collegamenti a lunga distanza efficienti ed economici. Nel caso di Trieste quei meccanismi attirarono industrie di grandi dimensioni, come la raffineria di oli minerali ed un grande impianto siderurgico, ma anche una numerosa serie di manifatture medie e piccole, in parte attirate dai vantaggi doganali, come le distillerie Stock e altre simili, oppure dalla convenienza di trasformare materie prime importate in massa via mare, come nel caso delle spremiture di oli vegetali, della lavorazione del riso e di altri cereali, oppure del legname.
Per evidenti motivi, tutte queste industrie si collocarono il più vicino possibile all'area portuale, creando un unico conglomerato logistico-manifatturiero.
Giuseppe Cobau (1846-1910)
Raffineria di oli minerali serbatoi in costruzione, San Sabba giugno 1906
Inv. CMSA F41
Giuseppe Cobau (1846-1910)
Raffineria di oli minerali in costruzione, San Sabba giugno 1906
Inv. CMSA F40
La navigazione.
Con una flotta che nel 1914 sfiorava una potenza pari a 200.000 cavalli vapore, il Lloyd di Trieste continuava ad essere una tra le principali Compagnie di navigazione del Continente, soprattutto se vengono considerate le sue specializzazioni sui mercati del Mediterraneo orientale e del cosiddetto “Oltre Suez”. Attorno al Lloyd erano cresciute numerose altre Compagnie, a loro volta in gran parte specializzate in rotte e traffici particolari. Era il caso, tra gli altri, della Cosulich, che navigava verso le Americhe, oppure della Tripcovich per i collegamenti verso il Mediterraneo occidentale e l'Europa settentrionale. La stessa Tripcovich incluse tra le proprie attività anche i «rimorchi e salvataggi», estendendo poi i suoi servizi in numerosi altri porti.
Secondo le statistiche del Lloyd's Register of Shipping, nel 1913 erano immatricolate a Trieste 178 navi, per poco meno di mezzo milione di tonnellate di stazza complessiva. Non erano certamente tutte (il Lloyd's Register non riporta le navi più piccole), ma certamente rappresentavano una realtà economica di tutto rispetto, ed uno strumento commerciale potente per un'area economica che all'epoca stava rapidamente espandendo proprio i suoi collegamenti a lunga distanza: tra il 1870 ed il 1913 il valore delle esportazioni austriache aumentò del 351% se calcolato a prezzi correnti, e del 994% se calcolato a prezzi costanti.
Fratelli Alinari (1852-)
Lavori di ampliamento del molo della Lanterna, ante 1906
Inv. CMSA F1025
Fotografo non identificato
Stazione della ferrovia Transalpina e costruzione del nuovo porto, 1909
Inv. CMSA F12590
Fotografo non identificato
Piroscafo Leopolis della Società di navigazione del Lloyd Austriaco all'ormeggio.
Molo san Carlo, ante 1911
Inv. CMSA F6989
Fotografo non identificato
Molo San Carlo, 1891 ca.
Inv. CMSA F22924
Spiace segnalare che il positivo non compare più a catalogo!
Fotografo non identificato
Ingresso al Canal grande, alla radice del Molo IV, ante 1911
Inv. CMSA F6986
Fotografo non identificato
Piroscafo Triglav della Società di navigazione Tripcovich S.A. ormeggiato alla Riva II, 1910 ca.
Inv. CMSA F12580
Giuseppe Wulz (1843-1918)
Piroscafo Aquileja della Società di navigazione del Lloyd Austriaco ormeggiato alla Riva II, post 1900
Inv. CMSA F27392
Giuseppe Wulz (1843-1918)
Piroscafo Stiria della Società di navigazione del Lloyd Austriaco ormeggiato alla Riva I, post 1900
Inv. CMSA F27393
Fotografo non identificato
Radice del Molo IV con piroscafi ormeggiati alla Riva III, 1900 ca.
Inv. CMSA F200026
Poi corsi al mare.
Nel mare mi lavai il viso e le mani. Bevvi l'acqua salsa del nostro Adriatico. Lontano, nel tramonto, le alpi italiane eran rosse e oro come dolomiti. Sui trabaccoli romagnoli calavano le allegre bandiere tricolori, e il focolaietto di bordo fumava per la polenta. Mare nostro. Respirai libero e felice come dopo un'intensa preghiera.
Scipio Slataper, Il mio carso