FOTOGRAfia e pittura

Ritratti e autoritratti in fotografia

a cura di Claudia Morgan

Gli autoritratti presenti nella mostra Attraverso il volto al Museo Revoltella da sinistra in alto Antonio Camaur 1917, Arturo Rietti 1925, 1935, Bruno Croatto 1931, Cesare Dell'Acqua 1851, sinistra in basso Cesare Dell'Acqua 1885, Francesco Guerrini 1852, Giuseppe Barison 1884 e 1920 [foto personali]

Colgo le sfide, ma anche i suggerimenti che mi propone l'attività culturale delle istituzioni pubbliche per l'estate 2022.

Mi riferisco alle mostre:

Attraverso il volto. Autoritratti dalle collezioni del Museo Revoltella

Io, lei, l’altra. Ritratti e autoritratti fotografici di donne artiste al Magazzino delle idee di Trieste

Riflessi. Autoritratti allo specchio della storia a Palazzo Attems Petzenstein di Gorizia

Artista+Artista. Visioni contemporanee alla Galleria Regionale d'Arte contemporanea Luigi Spazzapan di Gradisca d'Isonzo.

Sui singoli temi proposti voglio riflettere ed eventualmente esporre quanto mi suggeriscono.

 

Molto più appassionante, per ora, mi è sembrato analizzare i primi studi fotografici a Trieste puntando l'attenzione sugli autoritratti dei professionisti che, in una prima analisi, non sono molti pur attingendo al ricco archivio fotografico della Fototeca dei Civici Musei.

 

Autoritratti fotografici

Augusto Tominz (1818-1883)

Augusto Tominz nello studio 1867 dalle collezioni Museo Revoltella. Ritratto di Carlo Wostry in Storia del Circolo triestino, p. 16.  Augusto Tominz, Autoritratto 1850 ca. Museo Revoltella [foto personale].

Scopro pertanto che è proprio un pittore, Augusto Tominz, primogenito di Giuseppe Tominz, a sperimentarsi nel suo autoritratto fotografico, e nelle pose che assume sembra provocare con ironia gli artisti legati ancora al pennello.

Non essendo in grado di dare un'accurata sua biografia metto a disposizione quella che già compare in rete di un esperto studioso Michele D'Anza pubblicata nel Dizionario Biografico degli Italiani, vol. 96 (2019) e mi permetto di creare il legame con l'album dei suoi disegni dei Civici musei , aggiungo inoltre un link con un altro sito locale che da tempo pubblicizza riccamente il posseduto delle istituzioni estraendo informazioni dal loro catalogo.

 

Ma ritorno al mio vero centro d'interesse.

Augusto Tominz può aver incontrato l'ambiente fotografico proprio per le sue esigenze di pittore ritrattista che si avvale di fotografie per rimanere il più possibile fedele al soggetto.

A Trieste gli studi sono già gestiti da abili professionisti che possono aspirare a commissioni importanti e di prestigio. È il caso di Giuseppe Malovich o Mallowitsch presente a Trieste dal 1858 al 1864 in Corso 670 in Casa Chesevich che viene introdotto alla corte di Massimiliano arciduca d'Austria, il futuro imperatore del Messico.

Nell'ottobre 1863 il fotografo riprende il gruppo della deputazione che aveva offerto la corona di imperatore del Messico a Massimiliano (1). Il suo lavoro più importante per l'arciduca è l'album con le fotografie del Castello di Miramare per cui ha dovuto aspettare l'autorizzazione da Vienna. Una data certa è quella reperibile su una fattura rilasciata al proprietario del castello in cui si specifica l'importo di 108 fiorini per riprese fotografiche effettuate dal 30 giugno al 20 settembre 1865.

 

Lo stretto legame tra il fotografo Malovich e il pittore è avvalorato dal ritratto fotografico di Massimiliano in piedi, nel cosiddetto piano americano, databile 1864 che è esattamente riproposto da Augusto Tominz nel ritratto del 1868, non vi sono dubbi.

In casi simili si confrontano nel dettaglio alcuni particolari come la posizione delle mani, parte del corpo di difficile riproduzione, e la rilevanza data al panneggio che anima lo sfondo compensando, con il colore e il volume, il vuoto che avvolge il protagonista.

Il personaggio prestigioso si sottopone alla posa nello studio fotografico non diciamo disinvolto, ma perfettamente consapevole che la propria immagine, diffusa grazie al mezzo fotografico, poteva essere un ottimo strumento di conoscenza e di popolarità.

L'effetto di propaganda capillare era già stato collaudato dalla regina Vittoria negli anni 50, quando, assieme al marito Alberto e poi rimasta vedova da sola, si faceva ritrarre per essere conosciuta nel suo ruolo dai sudditi nel vasto impero. Il risultato è sorprendente: si vendettero da tre a quattro milioni di biglietti da visita (2).

La carte de visite, riprodotta nel quadro, non è l'unica uscita dallo studio del Corso, ma è quella che è stata scelta.

Il nostro pittore si può supporre ha frequentato lo studio Malovich o per lo meno ha usato i suoi lavori e ovvia conseguenza lo ha visto all'opera, interessandosi alla tecnica fotografica al punto di mettersi alla prova.

Forse avrà avuto qualche lezione dallo stesso così da sperimentarsi in questa nuova arte, prassi che diventerà comune a molti fotografi l'offrire lezioni così da formare dilettanti ma anche futuri professionisti.

Resta il fatto che l'attività fotografica del pittore copre un periodo circoscritto, un periodo di prova legato forse alle possibilità economiche potenzialmente offerte dalla nuova professione, si tratta degli anni 1862-1867. Il suo studio è nel cuore della città, in Piazza della Borsa 716-10, nella settecentesca Casa Romano, allestirlo è un cosipicuo investimento economico: significa pagare un affitto, acquistare gli arredi così da creare l'illusione di interni eleganti, acquisire gli apparecchi fotografici, le lastre da trattare, e tutti i prodotti che vengono utilizzati per la realizzazione di eleganti cartoncini prestampati con il logo, acidi, carta sensibile. Forse lo affianca un apprendista per i lavori di preparazione e l'assistenza al cliente al quale avrebbe affidato l'archivio di lastre dei negativi così da garantire future richieste di copie, come era consuetudine fare.

Nello stesso quinquennio mantiene lo studio da pittore, dal 1857 al 1863 via San Lazzaro in casa Allodi 13-826 conosciuta come Casa delle bisse, nel 1864 in via Santa Lucia [sulla Guida scematica senza numero]. Accetta ruoli di prestigio e di riconoscimento del suo valore artististico essendo chiamato a far parte della Commisisone per i premi da assegnare agli artieri e a progettare un giardino in piazza Grande "con un disegno che ci sembra bello e durevole la cui attivazione farà onore senza dubblio all'uomo di genio" così vien definito il signor Tominz come avverte Il Diavoletto rispettivamente il 7 e il 13 febbraio del 1865.

Dal 1865 al 1867 unifica i due studi quello del pittore e del fotografo in casa Romano piazza della Borsa 716-10, la posizione più centrale e facile da individuare da parte della clientela (3).

Clientela che appartiene alla classe alto borghese di famiglie importanti in città e che si compiacerà di scegliere tra le due tipologie di ritratti, fotografie o quadri, quali i Sartorio che incrementano gli album fotografici da esporre in salotto, mentre Pasquale Revoltella commissiona più ritratti, quadri ad olio, non solo conservati a Trieste (4). Frequentano lo studio fotografico Angelo Valerio imprenditore, Anna de Rin moglie di Vittorio de Rin, Arrigo Hortis avvocato e personaggi noti nell'ambito culturale e artistico quali i pittori Giuseppe Lorenzo Gatteri (1829-1884), Francesco Guerrini (1818-1873), Giuseppe Savorgnani (1828/1830-1913) e Bartolomeo Gianelli (1824-1894) o personalità cittadine, il vescovo Bartolomeo Legat (1807-1875), Caterina Croatto Caprin moglie di Giuseppe Caprin, Felice Machlig, e liberi professionisti quali Giovanni Righetti (1827-1901) ingegnere e architetto, Sebastiano Picciola avvocato, musicisti quali Achille Carcassonne compositore e presidente dell'Associazione triestina per le arti e l'industria. L'elenco è ricco e si presterebbe ad un confronto o corrispondenza tra i ritratti conosciuti del pittore (5).

Carlo Wostry nella Storia del Circolo Artistico di Trieste del 1934 gli dedica un notevole spazio citando i suoi allievi triestini Giovanni Rota e Antonio Valdoni, non dimenticando i suoi lavori presenti al Museo Revoltella di cui fu conservatore dal 1873 sino all'anno della morte. Oltre ai quadri di soggetto romantico ricorda che eseguì pure un'infinità di ritratti, "si può dire che ogni famiglia ne possieda qualcuno" e riferendosi alla sua attività di fotografo conferma che le sue fotografie a quel tempo rinomate uscivano dallo studio fotografico di Piazza della Borsa. Testimonia pure il suo carattere burlone che prendeva di mira chi non accettava i prezzi pattuiti per le sue opere pittoriche (6). 

La studiosa Laura Ruaro Loseri cita la sua attività fotografica cogliendone con precisione l'influenza "Dopo il 1850 si aggiunge alla schiera dei ritrattisti un secondo Tominz, Augusto di lui quasi ogni famiglia triestina sembra essere in grado di mostrare un - magari piccolissimo - ritratto, tanti ne fece. Egli segna però anche un'evoluzione nella ritrattistica impersonando il collegameto diretto tra ritratto e fotografia: era pure fotografo, infatti, con studio in piazza della Borsa ed operava quindi nei due campi con inevitabili interferenze. Si affermerà allora quel realismo borghese fotografico che caratterizzerà tanta ritrattistica di fine secolo ed oltre" (7).

L'unica affermazione che va corretta nella biografia redatta da Michele D'Anza è un dato cronologico. Le annate in cui si sperimenta quale fotografo non sono quelle citate 1873-1883 “Nell’ultimo decennio di attività egli affiancò quindi alla pittura di ritratti e mezze figure in abiti popolari o orientali la ripresa fotografica di notabili cittadini”, in realtà vive l'esperienza ben prima.

Altrettanto scorretta è la voce su wikipedia in cui si attribuisce a Giuseppe Tominz lo studio fotografico Tominz. Citiamo letteralmente "Dopo il 1850, una progressiva diminuzione della vista fece perdere all'artista il rigore e le doti pittoriche di un tempo. Tominz si fece aiutare sempre più da suo figlio Augusto, anch'egli pittore, ma meno dotato del padre. I ritratti si fecero sempre meno espressivi, le committenze diminuirono e l'artista goriziano si vide costretto ad aprire uno studio fotografico per poter mantenere il tenore di vita cui era avvezzo".

L'errore può esser stato indotto dal fatto che Augusto collabora con il padre quale apprendista pittore già dal 1838 (8) e firma alcune opere che erano state commissionate al genitore, ma Giuseppe non pone in nessun caso il suo logo nè gli viene attribuito alcun ritratto fotografico.

 

Affrontiamo un aspetto che ci sembra più interessante.

I pittori, nonostante la loro spontanea ostilità verso la fotografia, ben presto furono obbligati a usare le fotografie per i ritratti dipinti, sottraendo i clienti alle lunghe sedute di posa, e così facendo iniziarono a cambiare le pose e lo stile dei loro stessi quadri. La mano che regge la testa per impedirne il movimento agli albori della fotografia diventa una postura convenzionale anche nel ritratto dipinto.

Le corrispondenze vanno in entrambe le direzioni.

Anche i fotografi si ispirarono alla pittura. Il desiderio di possedere un ritratto sociale ideale così da essere ammirato dalle future generazioni, spinse i fotografi a seguire le regole formali del ritratto aristocratico. Veniva così soddisfatta l'esigenza di una borghesia emergente che desiderava essere moderna - tramite la fotografia - e allo stesso tempo tradizionale per posture aristocratiche, stile e ambientazione.

Note

1. Zannier, Italo Giuseppe Wulz : la fotografia a Trieste 1868-1918. Trieste : ERI, 1984, p. 94

2. Bencivenga, Ermanno La regina dello scatto in “Il sole 24” (10 settembre 2015) <https://st.ilsole24ore.com/art/cultura/2014-06-09/la-regina-scatto-102830.shtml?uuid=ABpV5APB>

3. Guide scematiche 1857-1867

4. Da tempo, dal 2019, si trova in rete la vendita di un ritratto di Pasquale Revoltella di Augusto Tominz.

5. L'elenco parziale: Componenti famiglia Pillepich (Alberto, Augusto, Alice), Bartolomeo Gianelli, Carlo Marussig consigliere nel curatorio del Museo Revoltella negli anni 1872-1874, Felice Machlig, Francesco Guerrini (1818-1873) pittore, Nazario Stradi (1824-1915) avvocato capodistriano.

6. Wostry, Carlo Storia del Circolo Artistico di Trieste. Udine : La Panarie, 1934, p. 15-16

7. In: Ruaro Loseri, Laura Ritratti a Trieste. Roma : Editalia, 1993, p. 42

8. Quinzi, Alessandro, Giuseppe Tominz. Trieste : Fondazione CRTriest, 2011, p. 68

 

Bibliografia

Resciniti, Lorenza I dipinti di Augusto Tominz dei Civici musei di storia ed arte di Trieste in “Atti dei Civici musei di storia ed arte di Trieste”, n. 20 (2004), p. 323-333 : ill. ; 24 cm.

Firmiani, Franco Giuseppe Tominz in “Enciclopedia del FVG: Ottocento”, v. III p. 1750-1754

Bate, David Il primo libro di fotografia. Torino : Einaudi, 2011. XVI, 262 p., 18 cm. (Piccola biblioteca Einaudi. Mappe)

Breve carrellata di ritratti

Giuseppe Tominz

 Ritratto di Giuseppe Tominz eseguito dal figlio Augusto nello studio in Piazza della Borsa databile 1862.

Ipotizziamo che forse è una prima prova sperimentata in famiglia per giudicarne la riuscita o un tributo al grande pittore che è stato un maestro per Augusto.

Giuseppe sceglie una posa disinvolta con la mano destra nel taschino mentre la sinistra si appoggia al tavolino per mantenere l'immobilità.

Guarda verso un altrove con occhi fissi, assenti, testimoni di un certo disagio.

Ad un'attenta osservazione i suoi abiti si presentano gualciti, quasi impolverati come pure le scarpe... la punta del naso sembra rubiconda.

Ritratto di un settantenne trasandato che si presenta com'è, colto in un momento di passaggio e quindi sottratto alla liturgia che l'evento posa solitamente impone.

La location è convenzionale: un tappeto non di pregio, sedia e tavolino pseudoarredo di un angolo di salotto, fondale che allude a un caminetto palesemente finto per la mancanza di profondità.

 Foto in Quinzi, Alessandro, Giuseppe Tominz. Trieste : Fondazione CRTrieste, 2011, p. 77

 

Wulz, Giuseppe

Augusto Tominz nel suo atelier, 1880

in: Il secolo asburgico, 1848-1916 : fotografie di un impero / a cura di Zeffiro Ciuffoletti ; testi di Gianfranco Battisti [et al.], Firenze : Alinari, 2000, p. 161

Pasquale Revoltella

Accostiamo per la comparazione i due ritratti quello eseguito da Augusto Tominz nel 1869 (1) e quello fotografico.

La carte de visite databile post 1865 è di Emil Rabending (1823-1886), nativo di Erfurt. Attivo a Francoforte come pittore dal 1852 al 1856, trasferitosi a Vienna, nel 1856 vi apre il suo primo studio di fotografo da solo sino al 1859, poi con altri soci.

È probabile che lo stesso Revoltella l'abbia fornita al pittore per l'impostazione del quadro, un primo piano di profilo, ingentilito nell'espressione. Testimonia Carlo Wostry nell'opera sua già citata che Augusto era di casa presso il mecenate assieme ad altri pittori e che il rapporto tra committente e artista era improntato all'amicizia.

Nota

1. Resciniti, Lorenza I dipinti di Augusto Tominz nei Civici Musei di Storia ed Arte di Trieste in "Atti dei Civici Musei di Storia ed Arte di Trieste", n. 20 (2004)  p. 329. ill.

Personaggi illustri

I de Goracuchi

 Il più noto dei componenti la famiglia è Giovanni Alessandro de Goracuchi (1807-1887) di origine albanese, medico, ma anche letterato e poliglotta. Negli elenchi dei medici dell'epoca è definito Cavaliere dell'i.r. Ordine della Corona Ferrea di III classe, membro della Commissione stabile sanitaria del Litorale per cui fu il medico di fiducia di Massimiliano d'Asburgo e di Pasquale Revoltella. Numerose sono i saggi da lui pubblicati in italiano, tedesco, francese, non solo studia l'origine della lingua slava con particolare interesse all'alfabeto glagolitico e cirillico. E' stato medico di bordo in numerosi viaggi e spedizioni. Ricca è quindi la sua bibliografia.

Eugenio de Goracuchi ritratto all'età di 26 anni da Augusto Tominz. La nota manoscritta da mano non identificata recita "Mon frère Eugène de Goracuchi née le 24 octobre 1839 son portrait fait a l'age de 26 ans". Essendo nato il 24 ottobre 1839, la data è precisa 1865.

Eugenio de Goracuchi avvocato di professione, attivo politicamente in quanto iscritto alla Società del progresso triestina.

Il ritratto appartiene ad un album che raccoglie carte de visite di personaggi appartenenti a famiglie locali nobili o altoborghesi ripresi negli anni Sessanta da noti fotografi locali. L'album molto interessante anche se lacunoso di alcune foto e informazioni è acquistato il 29 febbraio 1924 dai Civici Musei. La prima carta presenta incollati ben sette ritratti fotografici della prestigiosa famiglia de Goracuchi: Giovanni Alessandro il più noto, Velemir, Eugenio, Edmondo, Carlo, Maria, Elisa. Si può supporre che l'album appartenesse a tale famiglia a cui va l'onore di occupare l'inizio della raccolta.

Scrittori, pittori, medici, compositori

Paolo Tedeschi alias Prete Pero, 1865. Scrittore giornalista insegnante ritratto in abiti talari. Nato a Trieste il 20 luglio del 1826, nel 1838 essendo morti entrambi i genitori, affidato ad uno zio prete di Azzano del Friuli, studia al seminario di Portogruaro, scomparso anche lo zio ritorna a Trieste e continua gli studi. Frequenta l'Università a Vienna e ottiene l'abilitazione all'insegnamento delle lettere italiane nei licei e nelle università. Diventa sacerdote nel 1849. Dal 1850 insegna al Ginnasio di Capodistria. Per le sue convinzioni liberali e patriottiche subisce un primo processo e sconta due mesi di prigione. Ritornato Trieste inizia a collaborare, con lo pseudonimo di Prete Pero a vari periodici. Nel 1862 dopo un secondo processo viene sospeso “a divinis” dal sacerdozio. Nel 1866 è a Firenze e poi a Milano dove abbandona il sacerdozio e, nel 1869, si sposa con la maestra Zaira Cairati. Si trasferisce a Lodi dove ha ottenuto l'insegnamento nella scuola femminile e qui muore nel 1911.

Pietro Zorutti, 1865. Il poeta friulano ritratto a due anni dalla morte.

Giuseppe Lorenzo Gatteri, 1862 pittore e abile disegnatore.

Giovanni Tagliapietra, 1865 ca. Medico chirurgo specializzato in ostetricia e poeta nato a Pirano nel 1813 e morto a Trieste nel 1893. Nel 1865 dà alle stampe Componimenti di poesia e prosa pubblicati dalla Società di Minerva in Trieste nel 1865 per le celebrazioni dei 650 anni dalla nascita di Dante.

Guido Cimoso, 1865 ca. Compositore e organista, nato a Vicenza nel 1804 si stabilisce a Trieste dal 1840 e qui muore nel 1878.

Attori

Assunta Nazzari Perotti attrice 1862 (Milano 1780 - Roma dopo il 1852). Poco credibile l'attribuzione del ritratto, manoscritto da mano ignota, all'attrice drammatica molto conosciuta con il cognome del marito Gustavo Perotti, capocomico che la forma e la rende famosa. La carte de visite di Augusto Tominz che riporta sul recto ms il nome Perotti, non può essere datata prima del 1862, ma in tale data la donna avrebbe dovuto avere 82 anni, data comunque improbabile essendo morta nel 1852!

Si propongono più ipotesi sul personaggio ritratto: si tratta veramente di una giovane donna che ci guarda di traverso, visto l'abbigliamento in calzoni corti alquanto azzardato, o di un ragazzo con una capigliatura femminile? In ogni caso e forse non a caso, le gambe sono coperte da una calzamaglia, come usavano le modelle di studio quando si mostravano parzialmente nude nei fotogrammi osé. Osiamo ancora...  per Augusto le modelle nude dovevano essere familiari e alludere a questa sua nuova attività di ritratti fotografici non è da trascurare. La pornografia nasce già con i dagherrotipi.

 

Seguono due ritratti in costume dell'attore Tommaso Salvini (1829-1915) attore tragico  a Trieste nel periodo compreso tra il 3 settembre 1863 e il 28 ottobre 1863 con la Compagnia Stacchini per interpretare al Teatro Armonia il dramma Marco Cralievich o L’Ercole slavo all'epoca ancora manoscritto di Francesco Dall'Ongaro di cui non si possiede alcuna copia

Infatti sul recto di una delle due carte de visite compare la nota "nel Marco Kraljevich". L'eroe della poesia popolare degli Slavi meridionali nel dramma rappresenta gli italiani in lotta contro l'oppressione austriaca. La complessa storia della composizione del dramma è minuziosamente descritta da Persida Lazarevic Di Giacomo ne Il caso Ercole Serbo, chi volesse approfondire la fortuna dell'opera può leggerlo.

A noi interessa l'attore Salvini che compare ispirato e in pose esageratamente tragiche che devono aver strappato l'applauso sulla scena. Non solo, in entrambi i fotogrammi impugna un buzdovano (clava) che la comunità slava di Trieste gli ha donato per l’eccellente interpretazione di Marko Kraljević. Forse è proprio per il ringraziamento del prezioso omaggio che sono state scattate le foto.

Giuseppina Fontana e la nipote Anna Sartorio. Ritratti di bambine

Il pittore si esperimenta anche con i ritratti di bambini che non sono un soggetto facile.

Dagli Album di famiglia Sartorio da me curati estraggo due carte de visite. La prima è datata 1862. Si tratta di Giuseppina Fontana (1814-1904) moglie di Piero Sartorio con la nipotina Anna figlia della sua primogenita Carolina. Solo due anni dopo, nel 1864 Anna viene ritratta nello stesso studio e nello stesso angolo da sola, strategia che tende a dimostrare la crescita del soggetto.

Il Ritratto di bambina con un cestino in mano appartiene alla collezione di Maria Piacere che ha raccolto per il suo interesse alla storia del costume molti ritratti di donne e bambine. Testimonia il suo modo di proceder la su nota manoscritta " Ritratto di bambina in piedi con in mano un cestino di vimini, i capelli sono raccolti e fermati da un cerchietto; al collo un nastrino di velluto nero; indossa una camicetta ed un bustino unito ad una larga gonna che presenta un decoro geometrico nella parte inferiore e degli stivaletti neri a legacci".

L'ultimo fotogramma intitolato Ritratto di bambina seduta viene così puntualmente descritto dalla collezionista "Bambina seduta su una poltrona, indossa un bolero ornato a volant, camicetta bianca, gonnella scura e stivaletto a bottoncini; i capelli sono fermati da un cerchietto e porta gli orecchini".

Ritratti anonimi côté Sartorio

Si tratta di personaggi presenti negli Album Sartorio

Ritratti di donne presenti nella Collezione Piacere

Ritratti da collezioni private

Le donne che si sono presentate per il ritratto indossano abiti scelti con cura, pettinature elaborate, pose che dimostrano però un certo disagio nel non luogo in cui sono state inserite. Guardano altrove, come probabilmente ha suggerito il fotografo.

Ritratti di un album di famiglia

Qualche famiglia affida allo studio dell'artista la composizione dell'album di tutti i suoi componenti confidando nella sua abilità tecnica e sensibilità.

La carellata è puramente indicativa per comprendere l'attività del fotografo.

La gamma dei grigi sfumati e dei neri luminosi conferma la sua sensibilità cromatica, come pure, nonostante i tempi di posa, il ricercare la naturalezza nei bambini a proprio agio anche se in uno studio, mette in evidenza la sua attenta cura nel creare un'atmosfera familiare, graffianti e provocanti invece i suoi autoritratti.

 

Le nuove tariffe dello Studio fotografico di Augusto Tominz compaiono su Il diavoletto n. 3 del 7 gennaio 1866.

 

È  l'unico avviso che l'artista pubblica e che leggiamo nell'annata 1866. Sembra evidente che non basta il passa parola e la fama di pittore per strappare la clientela agli altri fotografi, per cui tenta la carta del ribasso dei prezzi.

La concorrenza è notevole, già nel 1863 Ferdinando Ramann produceva 12 copie a 5 fiorini riducendoli la quota a 4 nel 1864.

Lo studio in Piazza della Borsa 716-10

La prima foto è di Giulio Benussi datata marzo 1972 pubblicata nel volume di Fabio Zubini, Borgo Teresiano, p. 135. La seconda è personale.

Si presume che un angolo dello studio del pittore sia dedicato alle riprese fotografiche, in particolare si sperimenta con il genere che preferisce i ritratti. Infatti solo tali fotogrammi sono conservati nelle collezioni civiche o private, non si è dedicato a riprese di vedute della città o perlomeno non ne siamo a conoscenza.

L'ambientazione è quella solita, gli arredi ridotti e per lo più adatti ad una facile posa grazie al loro supporto. Le poltrone o le balaustre creano un'ambientazione da pseudosalotto nel primo caso o di pseudobalcone nel secondo, i tappeti sono sempre gli stessi e piuttosto modesti.

Per deduzione dalle informazioni fornite dalla Guide Scematiche sappiamo che si trovava al terzo piano dotato di una buona illuminazione, inoltre la studiosa Francesca Nodari nella sua biografia in rete afferma che lo studio del pittore fu appositamente progettato dall'architetto Giovanni Berlam che avrà tenuto in considerazione le esigenze dell'artista (1).

Ancora una precisazione sull'identificazione dell'edificio di Piazza della Borsa 716-10 [oggi Piazza della Borsa 9], il numero che lo connota con precisione, in quanto non viene mai cambiato, è il numeto tavolare in questo caso il 716 mentre il numero civico può nel tempo cambiare. Si tratta del palazzo conosciuto come Casa Romano, costruito dal 1760 al 1770 per un sarto viennese, nel 1875 acquistato dall'uomo di borsa Pietro Antonio Romano da cui il nome.

Lo studio in tale posizione strategica non rimarrà mai vuoto negli anni successivi, anzi è ambito da generazioni di professionisti che cronologicamente elenchiamo (2). Il primo che subentra al nostro Augusto è un certo G. Pincherle, non ben identificato, presente già nel 1868, sicuramente per gestire anche l'archivio delle lastre e che in modo sibillino vanta sulla Guida scematica in parentesi accanto al suo nome il termine "cromotypo" intendendo forse l'abilità di colorare le fotografie. 

Vi troviamo dal 1869 al 1872 gli studi: Engel Allievi; dal 1873-1874 Wulz G. e Boccalini L. (Engel G. Allievi III piano), dal 1875 al 1879 solo Boccalini L.; 1880 Hencke Carlo; dal 1881 al 1887 Rossi Giulio; dal 1888 al 1896 Sebastianutti e Benque; dal 1897 al 1903 Benque Francesco.

Va ricordato che l'alternarsi dei vari professionisti è dettata prevalentemente dalle scadenze dei contratti d'affitto, come mi ha spiegato l'esperta archivista Paola Ugolini, perciò di fronte a difficoltà finanziarie si accettavano i cambiamenti o le società o gli sfratti con conseguente consegna al successore dell'archivio di lastre.

Note

1. Ugolini Bernasconi, Paola Berlam Giovanni Andrea. Trieste 3.07.1823-11.06.1892  in "Trieste 1872-1917. Guida all'architettura", a cura di Federica Rovello, p. 349-350

2. I dati sono reperibili alla voce Fotografi delle Guide scematiche.

Analizziamo gli autoritratti fotografici di Augusto Tominz 1862-1867

I primi due ritratti databili 1862 lo colgono a figura intera, in una posa d'uomo affermato in atteggiamento attoriale dominante la scena, vestito elegantemente, con un cappotto foderato di pelliccia, simbolo di un benessere raggiunto e lo sguardo sfidante l'osservatore.

La memoria visiva grazie a questi elementi ha suggerito la comparazione con il ritratto, opera di  di Giuseppe Tominz, dell'insegnante di lingue Emanuel Edele o Edeles, nato a Praga nel 1815 . Trasferitosi a Trieste, nel 1857 compare già nella prima Guida scematica quale interprete giurato per la lingua inglese, nel 1862 aveva consolidato la sua posizione di conoscitore di più lingue (inglese, francese, tedesco, italiano) e nel 1863 diventa insegnante alla scuola commerciale in via Santa Lucia n. 1921.

Si può ipotizzare addirittura che alla base del ritratto del professionista, opera di Giuseppe, ci sia stata un fotografia eseguita dal figlio Augusto che poteva esibire come esempi il proprio autoritratto, in una posa disinvolta e accativante.

Gli altri due, databili al 1867, lo presentano nell'ordine in primo piano, corrucciato, barba quasi incolta, con rughe evidenziate, non disponibile, nel solito abbigliamento da passeggio in soprabito. Il secondo a mezzo busto, lo coglie appoggiato a una sedia con la mano sinistra infilata in tasca nel suo atteggiamento classico disinvolto. A questi autoritratti accosto il quadro del Museo Revoltella datato 1850, che induce a una riflessione sulla correttezza della datazione. Il pittore si contempla in un'espressione sorridente, con le rughe spianate e uno sguardo accattivante.

Il quinto autoritratto che gli viene attributo ci pone degli interrogativi e dubbi.

Non cogliamo la somiglianza con i precedenti, anche se la fronte alta, la dimensione delle orecchie, la folta barba e relativi baffi ci inducono a credere all'attribuzione, unica differenza la barba che copre anche le guance rispetto agli altri e gli occhi chiari.

La posa, l'eleganza del portamento, la mano destra inserita nel taschino, la sinistra appoggiata piegata sul libro spingono all'identificazione. Ma qualche dubbio permane. La data è presumibilmente 1862, ma se confrontiamo gli autoritratti del 1862 non vi riscontriamo la stempiatura dei capelli, il pizzo, la sfrontatezza.

Confronti

 Il secondo ritratto è per certo Eugenio de Goracuchi ritratto da Augusto Tominz all'età di 26 anni nel 1865.

Il primo che identifica pure lo stesso giovane ha molti elementi che convalidano l'attribuzione e che ci inducono a segnalare l'errore presente nel catalogo della Fototeca dei Civici Musei.

Autoritratto giovanile

 

Se ci basiamo sulle possibilità di riconoscimento dell'effigiato non avremmo mai avanzato questa ipotesi.

Ci divertiamo a proporlo essendo un dipinto conservato presso il Museo Revoltella.

Abbandono della fotografia...

Nel 1867 Augusto ritornato alla professione di pittore ritrattista informa su Il diavoletto n. 224 del 28 settembre che il suo studio è collocato in via Santi Martiri n. 16 Casa de Reya.

Rimarrà in questo studio sino al 1870, poi continuano le sue peregrinazioni in Piazza della Valle 4 e 1 sino al 1872, in Piazza Giuseppina 2, oggi piazza Venezia, nel 1873, in via Lazzaretto vecchio 14 dal 1874 al 1875, in via della Sanità, oggi via Diaz, dal 1876 al 1882.

Molto probabilmente condizionato dalla scadenza dei contratti d'affitto che duravano solo due anni preferiva spostarsi per non accettare l'aumento della tariffa di locazione .

Il pittore prevale sul fotografo... possiamo fare delle ipotesi a proposito di questa scelta.

Augusto non abbandona l'arte di famiglia che ha reso celebre il padre, lo ha coinvolto e spera che anche il figlio Alfredo, nato nel 1854, che già inizia a dar prova di sé proprio in quegli anni, segua la tradizione.

Inoltre la concorrenza nel campo della ritrattistica fotografica si fa sempre più serrata, si aprono nuovi studi nel centro città.

In questo settore si possono fare cospicui guadagni puntando su ritmi di lavoro più pressanti, sull'ampliamento dello studio fotografico, sull'aggiornamento delle tecniche, sulla pubblicità, sulla specializzazione in vedute che confluiscono riprodotte numerose in album, sulle foto osé: una serie di azioni che non conducono alla fama e al prestigio.

Augusto intende mantenere alta la buona reputazione della famiglia Tominz nel campo artistico e sceglie la pittura.

Dal questo punto di vista trarrà le soddisfazioni che si aspetta, nel 1872 viene nominato direttore e conservatore del Museo Revoltella sino alla morte, ruolo nel quale gli succederà il figlio Alfredo.

Nota

Sarà proprio Alfredo Tominz ad incrementare le collezioni dei Civici musei con donazioni e vendite di quadri, schizzi, disegni e fotografie suoi e del padre, e di altri fotografi (34 opere d'arte e 21 fotografie) iniziando nel 1912 con un primo dono e poi negli anni Venti alternando appunto doni a vendite. Le fotografie tutte di ritratti oltre a quelle del padre escono dallo studio di Francesco Benque, Guglielmo Sebastianutti, Wilhelm Engel, Allievi di Engel e Giuseppe Wulz.

Giovanni Rota (1832-1900.11.25)

alias Giovanni Rotta,  G. Rota pittore, C. Rota, G. & Kappler, A.

 

La famiglia Rota stabilitasi a Trieste nell'Ottocento vanta una storia che ha radici antichissime oggetto di studi genealogici impegnativi.
Per quanto riguarda il ramo triestino si può affermare che deriva dalla linea dei conti Rota di Pirano a sua volta da identificare con i Rota di Momiano.

Tra i discendenti della famiglia momianese si conosce il musicista Giuseppe  e Giacomo Rota fratelli di Giovanni pittore, oggetto del nostro interesse.

Cito letteralmente Franco Rota che nomina i tre fratelli nel suo testo in Momiano tra storia e cultura. Il casato dei Rota, Trieste giugno 2020 p. 420 [il testo completo è scaricabile in rete] "Tra i discendenti della dinastia momianese trasferitisi a Trieste nel corso dell’Ottocento, va ricordato l’insigne musicista e compositore Giuseppe Rota (1833-1911) cui è intitolata la strada che porta da Via Donota alla sommità del colle di San Giusto. La casa dov’egli abitò ospita tuttora il grande dipinto realizzato nel 1876 da suo fratello Giovanni Rota (pittore, 1832-1900) che ritrae il loro terzo fratello, Giacomo Rota (baritono, 1835-1898), nelle vesti di scena del personaggio dell’opera Ginevra di Svezia scritta da Giuseppe nel 1861 e rappresentata con successo nei teatri di Trieste, di Parma e di Milano. Nella stessa casa visse il conte Nicolò Rota (1890-1964), Ispettore alle Belle Arti e Antichità di Trieste, che nel 1945 assieme al Sindaco della città e al Vescovo Mons. Antonio Santin partecipò alle drammatiche fasi conclusive della seconda guerra mondiale."

Ritratti di famiglia: Giacomo Rota

Giacomo Rota ritratto da G. Rota pittore e C. nel 1864 come stampato sul verso del positivo.

La coppia Giacomo Rota con la moglie Eugenia Dorligo soprano ritratta da Giovanni nel 1870.

Il ritratto olio su tela di Giacomo Rota opera del fratello Giovanni è databile 1870.

Il ritratto, olio su tela, di Eugenia Dorligo di Giovanni è firmato e datato in basso a sinistra 1871.

Il pittore si è avvalso sicuramente dei ritratti fotografici, il primo opera del fotografo imperiale del teatro di Mosca F. Konarsky, il secondo è di Ferdinando Ramann datato 1870, fotografo che opera in quegli anni sopra il Caffè degli specchi frequentato dagli artisti del Teatro Verdi.

Ritratti di famiglia: Giuseppe Rota

 

 

Ritratto di Giuseppe Rota

 

Il quadro, olio su tela, è esposto al Civico Museo teatrale Carlo Schmidl, opera di Giovanni datato 1860 e firmato in basso a sinistra.

Giovanni Rota allievo di Augusto Tominz

Giovanni Rota è un allievo di Augusto Tominz da cui trasse i primi insegnamenti nel campo della ritrattistica, genere in cui si specializza.

Sulle orme del maestro, quasi in contemporanea, tenta la carriera di fotografo per 7 anni a Trieste dal settembre del 1863 al 1870 dapprima associandosi ad un altro fotografo e poi da solo.

Il suo nome compare tra i Fotografi con il socio A. Kappler nelle Guide scematiche nel 1864 in via Madonna del mare 1371-6, all'indirizzo dove nel 1863 compariva il suo studio di pittore. Dalla stampa cittadina abbiamo la conferma che lo ha adattato per intraprendere questo nuovo percorso artistico.

Nel 1865 è presente senza il socio nello stesso studio sia come fotografo sia come pittore anche se il nome è stampato per un refuso Rotta.

Mantiene entrambe le attività dal 1866 al 1870. Negli anni 1871-1872 lavora solo come pittore, infatti compare ancora il suo nome sotto la voce Pittori e ritrattisti sulle Guide scematiche ma sta prendendo delle decisioni importanti e abbandona la fotografia come libero professionista.

 

 

 

L'annuncio compare sul periodico "Il grillo" il 6 settembre 1863 nella rubrica Nuove della città. L'apertura dello studio risale all'1 settembre.

Il vero e proprio avviso pubblicitario è pubblicato su Il grillo il 13 settembre 1863.

 

Nel 1870 espone nella capitale francese due ritratti che ricevono le lodi del giornalista nell'annuncio apparso su Il diavoletto del 19 luglio 1870.

Non ci stupisce allora la decisione di trasferirsi a Parigi nel 1873.

Qui si è ben ambientato e conosce il côté artistico della capitale al punto che nel 1886 informa il vecchio maestro Augusto Tominz, curatore del Museo Revoltella, sull'opera di Jean Jules Henri Geoffroy, Gli affamati, fornendo anche delle fotografie per favorirne l'acquisto.

Carlo Wostry nella sua Storia del Circolo Artistico di Trieste ricorda un suo rientro in città

“Una sera memorabile fu quella data in onore dei tre fratelli Rota che si ritrovavavono dopo tanti anni riuniti a Trieste: Giuseppe Rota maestro della Civica Cappella di S. Giusto, Giacomo Rota, artista di canto, e Giovanni Rota, il pittore che dimorava a Parigi.” (1)

 

È difficile ricostruire la sua attività parigina dove soggiorna sino al 1893. Dal 1894 è ritornato a Trieste in quanto abita in via degli Armeni 5 sino al 1900, anno della morte. Le Guide scematiche attestano che si dedica ancora alla pittura in quanto dal 1897 al 1900 il suo nome viene inserito nella rubrica Pittori e ritrattisti.

Note

1. Wostry, Carlo Storia del Circolo Artistico di Trieste, Trieste : Edizioni Italo Svevo, 1991, p. 100

Giovanni Rota fotografo

Autoritratto di...

 

In data 20 novembre 2023 una e-mail è stata inviata al nostro sito riguardante i due fotogrammi presentati e attribuiti a Giovanni Rota quali autoritratti.

La cito letteralmente "Segnalo che le 2 foto indicate come autoritratto di Giovanni Rota, sono, a parer mio, 2 ritratti di Antonio Sorgato (mio antenato), fotografo a Venezia, che operò anche a Udine, avendo come socio, Brusadin. Confrontatele con i numerosi autoritratti di Antonio. Cordiali saluti Paolo Sorgato".

La ricerca ci ha permesso di metterli a confronto con il terzo fotogramma Autoritratto di Antonio Sorgato al cavalletto post 1847 dell'Istituto centrale per la grafica e a dare ragione al discendente Paolo Sorgato.

Il primo cosiddetto "autoritratto" da me attribuito allo studio di Giovanni Rota e socio A. Kappler riporta l'iscrizione sul recto del cartoncino "G. Rota pittore e C." e sul verso  "Photographia G. Rota pittore & A. Kappler Trieste Via Madonna del Mare nro. 6" quindi databile 1864, anno in cui i due operano assieme.

Il secondo "autoritratto" riporta sul recto del cartoncino "G. Rota pittore e C." e sulla fascetta applicata la nota manoscritta "Pittore Giovanni Rota 1870" e sul verso del cartoncino "Fotografia di G. Rota pittore & A. Kappler Trieste Via Madonna del Mare nro. 6", duplicato del precedente ritratto databile nel 1870. La fascetta con la nota ms è il documento che mi ha tratto in inganno sull'identità dell'effigiato che è Antonio Sorgato.

Resta da comprendere se il rapporto tra i due fotografi Rota e Sorgato sia stato casuale o dovuto a un incontro di lavoro.

La posa del nostro protagonista è disinvolta, sembra seduto su una balaustra che si affaccia sul mare accanto a un piedistallo marmoreo reggente la statua di un puttino con un cesto a conchiglia ricco di frutta, ma non siamo all'aperto su una balconata, il tappeto a terra è riconoscibile tra quelli usati negli studi in quanto di poco pregio. Antonio guarda dritto verso la macchina fotografica, ha sul capo uno strano berretto una sorta di fez [un richiamo al mondo ottomano? una semplice stravaganza?], tiene le mani in evidenza, ostenta una certa eleganza. Il suo ritratto è una sorta di pubblicità indiretta che vorrebbe vanificare le paure di chi si sottopone alla fotografia.

Carrellata di ritratti della coppia Giovanni Rota e A. Kappler 1864

Non ci sono dubbi sull'ambientazione nello stesso studio fotografico cambiano solo le inquadrature che si avvicinano gradualmente ai soggetti. Il tavolino coperto da una tovaglietta ricamata, la sedia o la poltroncina, lo sfondo neutro sono elementi necessari a concentrare l'attenzione sui protagonisti. La prima donna seduta non è identificata, mentre gli altri ritratti appartengono all'Archivio fotografico della famiglia Sartorio, nell'ordine Giuseppina Fontana Sartorio madre di Carolina e Paolina che solo due anni prima si era fatta ritrarre con la nipotina Anna da Augusto Tominz, Paolina e Carolina Sartorio, rispettivamente in piedi e seduta, Anna e Carry Sartorio le figlie di Carolina. Le donne della famiglia di Pietro Sartorio hanno deciso di fermare l'attimo e di farsi ritrarre, documentando le tre generazioni.

Una riflessione sulla coppia di fotografi che sigla le carte de visite. La loro collaborazione dura solo un anno, poi ritorna il silenzio sulla figura di Antonio Kappler non ben identificato (1). Sorge l'interrogativo che si fosse proposto come finanziatore dello studio di Giovanni Rota sperando di apprendere la professione e poi si fosse tolto dall'impresa.

Altra ipotesi potrebbe trattarsi di un fotografo girovago in cerca di fortuna che dopo l'anno di prova decide di sciogliere la cooperazione.

L'unico Kappler che compare sulle Guide scematiche negli anni 1862-1865 lo riscontriamo nella rubrica "Fabbricatori di mobili" in via Nuova 740-7 [l'attuale via Mazzini]. Che sia il socio del nostro fotografo ?

Note

1. Nelle Guide scematiche compare già nel 1857 alla voce Depositi diversi. Mobili un Kappler Antonio in Corsia Stadion [l'attuale via Battisti] n. 1591


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