Agli inizi della diffusione della fotografia gli atelier stabili in città non esistono, in quanto prevalgono i dagherrotipisti itineranti, che si sottopongono a continui spostamenti per avere un introito.
Itineranti potevano esserlo in quanto non hanno un archivio da conservare e da portarsi appresso: i dagherrotipi sono pezzi unici!
Considerati talvolta imbonitori e ciarlatani lavorano appoggiandosi a case private o stabilendosi in alberghi del centro in quanto lo studio fotografico si riduce a uno spazio ben illuminato in un appartamento o in una suite d'albergo appunto. Grazie alla capacità di trafficare con la chimica, producono e vendono pure elisir di lunga vita o s'industriano praticando anche altre professioni.
La loro abilità si limita ad attirare la clientela vantando qualche nuova tecnologia e i prezzi modici che nel tempo offriranno la possibilità di possedere un proprio ritratto a chi non immaginava di poter essere immortalato in un momento della propria vita.
Ricorrono alla pubblicità sui periodici locali tramite gli avvisi e, non appena gli affari prendono una piega declinante, preferiscono spostarsi in un'altra piazza, talvolta liberandosi dell'attrezzatura verso nuove avventure...
Non sempre godono di buona fama, talvolta lasciano i conti in sospeso presso gli alberghi e se ne occupa anche la polizia per motivi di decenza. Si ricorda che alcuni pittori praticano anche la fotografia e probabilemnte continuano a usufruire delle proprie modelle per i nudi così come in passato. Il genere ha subito successo, questa tipologia di ritratti ha una clientela affezionata. Vedremo come a Trieste la legge austriaca non sarà così rigida verso la diffusione della pornografia che permette buoni guadagni (le fonti sono i documenti conservati dei processi), ma siamo negli anni Sessanta quando la riproducibilità non è più un problema.
Ritorniamo agli anni Cinquanta.
Molto spesso si appoggiano ai negozi di ottica, così da ottenere visibilità con l'esposizione nelle loro vetrine.
Sono i ritratti che segnano il maggior successo del procedimento. Il dagherrotipo, grazie ad alcuni perfezionamenti dovuti a nuove ottiche per la ripresa e l'uso di sostanze acceleranti che aumentano la sensibilità delle lastre, per l'estrema definizione del dettaglio e per la resa dei particolari, nonostante la contemporanea introduzione del procedimento calotipico (che si basa sul binomio positivo-negativo, stampa positiva diretta o negativo su carta), continua ad affermarsi sino alla metà del secolo.
I loro nomi, in particolare quelli del decennio 1840-1850 citati puntualmente da Italo Zannier, non ci hanno lasciato tracce del loro passaggio pur contribuendo ai continui progressi della fotografia. La mostra organizzata nell'ottobre 2000 dal Circolo fotografico Fincantieri sponsorizzata dalla Federazione Italiana Associazioni Fotografiche e promossa dall'Assessorato alla cultura del Comune di Trieste su Il Ritratto. Dal Dagherrotipo al digitale presenta solo due dagherrotpi di autori anonimi databili post 1839 e 1850. Il patrimonio presente a Trieste non offre una quantità di esemplari su cui studiare.
Unico modo per conoscerli è leggere gli avvisi pubblicitari.
Interessante è constatare come tra le due categorie di professionisti - ottici e fotografi dagherrotipisti - sin dall'inizio la liaison è importante.
Nel decennio 1840-1850 la città conosce i nomi legati alla dagherrotipia grazie agli articoli e attira i professionisti viennesi, tedeschi, un francese, forse uno svizzero.
Non è inserita negli itinerari dei fotografi italiani. I più quotati soggiornano nel miglior albergo sulle rive, da poco inaugurato, il Principe di Metternich, così gli ospiti di passaggio usufruiscono della loro offerta.
Cercano di darsi visibilità, ma non sempre è facile stabilirsi per poco tempo in un punto frequentato del centro città dove la clientela può essere anche casuale.
La pubblicità si rivela già come uno strumento di persuasione credibile, attendibile. Ci colpisce il caso dell'annuncio redatto da un anonimo inserzionista che loda l'operato di un non ben identificato dagherrotipista Lewys. Nel lungo testo si suggerisce di non servirsi di uno studio sito in piazza Gadolla [oggi piazza della Repubblica] che evidentemente era già frequentato e conosciuto, ma di provare questo studio molto più decentrato, lontano dalla folla, per ricevere un trattamento speciale, più accurato.
La fortuna dei dagherrotipisti dura meno di un decennio, già dal 1848 cambiano cappello e diventano fotografi professionisti.
1840
Christian Joseph Berres cecoslovacco, anatomo patologo interessato alla microscopia
Andreas von Ettingshausen tedesco, fisico interessato ai dagherrotipi
Simon Plössl viennese, ottico studia lenti per il microscopio
1841
Edmond Becquerel francese, interessato alla fotochimica anticipa la riproduzione di immagini su carta
Jean Baptiste Biot francese, relaziona sulla riproduzione di immagini su carta
William Henry Fox Talbot inglese, relaziona sulla riproduzione di immagini su carta
Josef Maximilian Petzval slovacco, costruisce una camera ottica
Peter Wilhelm Friedrich von Voigtländer viennese, costruisce una camera ottica
1842-1843
Waldstein e Gross viennesi, ottici in Corso 593 Casa Costantini e Canal Piccolo 729 Casa Vivante
Johann Bosch viennese, dagherrotipista in Contrada Baudariù 954
1844-1845
Johann Fleischer viennese, dagherrotipista all'Hotel Metternich
Fleischer e Pichler viennesi, dagherrotipisti all'Hotel Metternich
Sigismondo Schlesinger viennese, a Trieste studio non segnalato
Sigismondo Hirschsohn & Comp. viennesi, ottici in Corso 593 Casa Costantini e Canal Piccolo 729 Casa Vivante, poi in Corso 702
Franz X. Waibl viennese, ottico meccanico
J. Darier e F. Abresch svizzero e tedesco, dagherrotipisti in Contrada nuova 741 Casa Tositti
1846-1847
J. Darier svizzero, dagherrotipista in Canal Grande n. 1059
Ferdinad Brosy tedesco, dagherrotipista in contrada San Nicolò 725, poi Hotel Metternich
Gerothwohl e Tanner o Thanner tedeschi, fotografi in Piazza Grande
Lewys o G. B. Levi provenienza non identificata, dagherrotipista in Corsia Stadion 1154
1848-1849
Razimbaud francese, dagherrotipista al Teatro Corti
Il quotidiano continua a dare rilevanza alle scoperte e alla tecnologia legata alla dagherrotipia.
La dagherrotipomania ben presto prende piede, incuriosisce e probabilmente il periodico si prende cura di un continuo aggiornamento sulle scoperte nel campo della chimica e dell'ottica. Restano sconosciuti gli studiosi che relazionano sui progressi ottenuti e firmano semplicemente con un acronimo W. Z. o con una lettera V. e P. Se le lettere indicano le iniziali dei nomi deduciamo che siano persone diverse, ma all'epoca i periodici raramente enunciavano la paternità degli articoli.