LA BELLEZZA POLITICA

Claudia Morgan

12 febbraio 2022 

 

La Bellezza ha il diritto di appartenere a tutti, senza distinzioni di classe, di cultura, diffusa sul territorio, libera nelle sue interpretazioni così da poter esser recepita direttamente, uno strumento per capire l'altro in ogni sua manifestazione. 

Sergio Mattarella, rieletto Presidente della Repubblica, nel suo discorso di insediamento, in cui auspica il miglioramento del nostro paese “perché cresca in unità”, ha scandito vari temi. Due mi hanno coinvolta in prima persona. Il primo sulle bellezze d'Italia e il secondo sulla tutela dell'ambiente.

Li cito letteralmente: Un'Italia che tragga vantaggio dalla valorizzazione delle sue bellezze, offrendo il proprio modello di vita a quanti, nel mondo, guardano ad essa con ammirazione – e subito dopo – un'Italia impegnata nella tutela dell'ambiente…

Mattarella ha concentrato in questi punti l'art. 9 della Costituzione che recita: “La Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica. Tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione. Tutela l’ambiente, la biodiversità e gli ecosistemi, anche nell’interesse delle future generazioni. la legge dello stato disciplina i modi e le forme di tutela degli animali” [con l'integrazione dall'8 febbraio].

Ricordo che già il 2 ottobre 2014, Serena Pellegrino, di Sinistra Ecologia Libertà, aveva proposto di integrare l’art.1 della Costituzione con un secondo comma che diventasse ispiratore di azioni di valorizzazione e tutela della bellezza del territorio, arrestandone il consumo e l’abuso, in questi termini: “La Repubblica Italiana riconosce la bellezza quale elemento costitutivo dell'identità nazionale, la conserva, la tutela e la promuove in tutte le sue forme materiali e immateriali: storiche, artistiche, culturali, paesaggistiche e naturali”.

Il tema è stato ripreso nel 2016 da Michele Ainis e Vittorio Sgarbi in La Costituzione e la Bellezza (La Nave di Teseo, Milano). Testimonia Sgarbi, a p. 22, avendo interrogato ben due presidenti della Repubblica sul tema della bellezza, di non aver avuto una grande reazione.

Colgo l'occasione per spiegare ciò che mi ha fatto vibrare e volare con il pensiero dal passato al presente e al futuro.

La necessità di invitare alla conoscenza e di promuovere la cultura, partendo proprio da ciò che è vicino, le nostre Bellezze conservate nei musei, nelle biblioteche, nelle fototeche, negli archivi, valorizzando quanto già visibile ed esposto attraverso nuovi studi e suggestioni. Ma anche aprendo i depositi che conservano preziose “bellezze” e che per mancanza di spazi, di operatori, di volontà politica se ne stanno blindati in sicurezza e in continua attesa di una riscoperta. Quest'arte invisibile che in un articolo recente di Giulia Villoresi è stato stimata copre il 90 per cento del patrimonio dei musei italiani. I vari direttori intervistati ne sono consapevoli, ma ciò che angustia constatare sono anche rassegnati (Giulia Villoresi, Diamo un'occhiata all'arte invisibile in "Venerdì della Repubblica"  7 gennaio 2022, p. 92-95).

Pare che un'attenzione al problema sia riuscita ad emergere prorpio in questo giorni dal momento che alla presentazione del Grande Maxxi a Roma si è annunciato il progetto futuro di un “rinnovamento digitale, la creazione di nuovi depositi tecnologici e aperti al pubblico” (Lara Crinò, Il museo raddoppia nasce il Grande Maxxi, in “La Repubblica”, 11 febbraio 2022, p. 29)

Tanto lavoro è ancora da fare. Gli ostacoli burocratici-amministrativi sono molti e fanno la loro parte – ne abbiamo fatto esperienza – ma sono le chiusure mentali che preoccupano.

In questo senso si auspica la collaborazione… in rete.

Parliamo di alcuni esempi.

La digitalizzazione dei periodici con un'attenta ricognizione del posseduto di ogni singolo istituto (museo, biblioteca, archivio, associazione, enti pubblici e privati, singoli possessori, etc.); la digitalizzazione degli inventari dei documenti e la continua accurata implementazione di dati nei cataloghi; i collegamenti ai vari siti di studiosi che testimoniano la varietà della cultura locale; la continua professionalizzazione degli operatori; la condivisione virtuale del patrimonio e la sua visibilità; l'urgenza di offrire la maggiore informazione per ottenere migliori risultati e stimolare lo studio e la ricerca, dimenticando la questione del copyright essendo in gioco solo la diffusione di conoscenza.

In questa direzione si sta orientando la Digital Library – l’Istituto centrale per la digitalizzazione del patrimonio culturale – del Ministero della Cultura, che il 26 gennaio di quest'anno ha pubblicato l’avviso di consultazione preliminare di mercato per l’acquisizione di servizi per la digitalizzazione del patrimonio culturale, per cui sono stati investiti ben 200 milioni (visibile sul sito della Federculture).

L'Italia delle bellezze sarà finalmente visibile a chi non può viaggiare, non ha una profonda cultura ma desidera aprirsi ad essa, a chi vuole confrontarsi e mettersi alla prova, indipendentemente dall'età, attingendo direttamente alle fonti senza intermediari, per capire dal proprio punto di vista il messaggio contenuto nei documenti culturali, consapevoli che l'impresa non sempre è facile.

Finalmente, oso dire...


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