FOTOGRAFIA. GLI INIZI

a cura di

Claudia Morgan

Introduzione al percorso

Fotografie su Trieste… ma prima di inoltrarci con abbandono al passato, introduciamo una riflessione sulla fotografia che ferma il tempo istantaneo e lo mantiene inalterato così da offrircelo a distanza di più di centottant'anni come nel nostro caso.

Magia della fotografia?

Piuttosto un tempo diverso della fotografia che contiene una paradossale contraddizione: congela l'attimo istantaneo e lo dilata all'infinito. L'atto fotografico riduce la temporalità ad un semplice punto, ad un istante, ma è anche il superamento di questo punto verso una nuova iscrizione nella durata. Diventa la fotografia, soprattutto per questo motivo, per il suo identificarsi nel tempo dell'arresto, tempo della perpetuazione nel mondo futuro di ciò che è avvenuto una sola volta.

Riflettiamo come suggerisce Roland Barthes sulla paradossalità della fotografia mentre godiamo delle immagini presentate.

Nella fotografia sono sempre presenti e si sovrappongono e si confondono due tipi di messaggi:  uno senza codice - l'idea di replica totale e fedele della realtà che l'oggetto propone - e uno con codice - il trattamento dell'autore che ogni immagine comporta -. La foto è necessariamente reale, rappresenta ciò che è stato in un determinato tempo, è un punto di riferimento ineludibile.

Ma Walter Benjamin arricchendo di ulteriore complessità la riflessione su questa dualità informativa ci avverte di scoprire ciò che inconsciamente sfugge all'intenzionalità dell'autore, nonostante il rispetto dei canoni stilistici e tematici codificati e stereotipati, e che invece coinvolge l'osservatore trasportandolo in una direzione che va oltre la realtà.

Con questo motore di ricerca, con questo frullo nel cervello, possiamo ora avventurarci a sfogliare le pagine web che seguono cogliendo i vaghi suggerimenti: gli eventi di cronaca che diventano storia, la città e i suoi cambiamenti, la vita quotidiana, la vita sociale, gli eventi - parola abusata - per indicare fatti della vita, le commemorazioni sottese dall'irredentismo, i personaggi famosi e quelli che non saranno famosi.

Gli autori dei positivi non sono tutti identificati, non appartengono a studi celebri e riconosciuti, alcuni sono dei dilettanti e in qualche caso fotografi di strada. A tutti va riconosciuto il grande merito d'aver contribuito alla produzione di documenti che oggi sono diventati per noi motivo di confronto e di analisi.

I protagonisti

Louis Daguerre                 Thomas Wedgwood          Joseph Nicéphore Niépce       W. Henry Fox Talbot

Citando un autorevole studioso Tom Ang “l'invenzione della fotografia è stata il trionfo della rivoluzione industriale e del suo impegno a piegare la natura al proprio volere... Non è un caso che le tre scoperte fondamentali della fotografia avvenissero in Francia e Gran Bretagna, allorché si cercò di sostituire con la tecnologia compiti e abilità manuali”.

In una sintetica analisi Ang afferma “Niépce voleva evitare la fatica dell'incisione su rame, Daguerre era stanco di spennellare grandi lastre di rame per le sue dimostrazioni sulla luce e Fox Talbot era così inorridito dalla propria capacità di disegnare una scena lacustre che si era convertito alla scienza” 1.

Sin dai primi anni dell'Ottocento ottici che sviluppano un modello della camera oscura e chimici che sperimentano sostanze fotosensibili, si interessano alla riproduzione del mondo visibile su un supporto in modo quasi automatico, ottenendo risultati che apriranno un percorso ancora in atto.

 

Ante 1839

Chiariamoci alcuni termini del processo.

 

1. Tappa. Camera oscura.

 La definizione e legata al momento in cui, per la prima volta, qualcuno osservò un'immagine proiettata su una parete attraverso un piccolo foro di una porta o tenda.

 

La conoscenza della camera oscura è molto antica, la descrive il filosofo cinese Mozi del IV-V sec. a. Cr., lo citiamo per una bella immagine con cui la definisce, la “stanza chiusa del tesoro”, in quanto solo a porte chiuse l'immagine permaneva, altrimenti scompariva.

In Occidente Aristotele ne parla nei Problemata affermando che "i raggi del sole che passano per un'apertura quadrata formano un immagine circolare la cui grandezza aumenta con l'aumentare della distanza dal foro".

Il percorso di un millennio è affascinante, chi vorrà sperimentarlo dovrà passare dall'Oriente all'Europa di Giovanni Battista della Porta, Giovanni Keplero, Isaac Newton senza dimenticare le opere d'arte di Canaletto, Vermeer e Velàsquez che usano espedienti ottici per le loro composizioni. In rete si trovano esempi vari sul tema, ci si può divertire!

 

2. Tappa. Fissare l'immagine

 

Come mantenere l'immagine apparsa nella camera oscura, in questa operazione vinse la gara il ricco dilettante  Nicéphore Niépce.

Prima di lui si misero all'opera alchimisti, l'italiano Vincenzo Cascariolo, anatomisti, il tedesco Johann Heinrich Schulze, scrittori, il francese Charles-Francois Tiphaigne de la Roche, chimici, l'inglese Elizabeth Fulharne, ceramisti, l'inglese Thomas Wedgwood che collabora con scienziati della Gran Bretagna, della Francia e della Svizzera. I continui i fallimenti dimostrano che il fissaggio dell'immagine di una camera oscura non è un problema da poco.

Da parte dell'inglese William Gilpin si ipotizza che si potesse conservare un'immagine riflessa in uno specchio Claude, specchio che prende il nome del pittore Claude Lorrain.

Recentemente si è scoperto che anche il francese Hércules Florence (nato a Nizza nel 1804), trasferitosi in Brasile, si interessa alla ricerca di Gilpin, scoprendo che il nitrato d'argento è un composto attinico  (in greco ἀκτίς -ῖνος raggio), cioè sensibile alla luce e propone di chiamare il procedimento photografia (in greco φῶς, φωτός, luce e γραϕία, scrittura ovvero "scrittura di/con la luce"). Quindi riesce ad anticipare le scoperte di Daguerre e Niépce, ma in Europa non arriva la notizia.

ll clima era pronto per cercare una fusione tra fisica, chimica e arte

Josef Nicéphore Niépce (1765-1833)

Chi raggiungerà un primo importante obiettivo è il geniale inventore francese Joseph Nicéphore Niépce.

Niépce è un dilettante ricco, in quanto nato in una benestante famiglia borghese, che intraprende la carriera di soldato, quindi di impiegato statale e infine inventore. Nel 1801 si stabilisce nella villa di famiglia e si dedica completamente alle sue ricerche.

Tra le varie sperimentazioni, per superare la sua incapacità di incisore, cerca un metodo meccanico per eseguire le incisioni. Riveste una lastra lucida di metallo con bitume di Giudea, che era usato dagli incisori. Il bitume esposto alla luce si induriva, mentre la zona non esposta restava abbastanza morbida così da essere sciolta in olio di lavanda e petrolio. Risultato raggiunto: il bitume corrispondeva alle zone di luce e il metallo a quelle oscure: si creava così un negativo diretto.

Niépce chiama questo procedimento eliografia (dal greco Ἥλιος sole e γράφειν disegnare) perché usa la luce del sole per esporre la lastra. Nel 1822 diventa famoso per la riproduzione di un'incisione di Papa Pio VII.

Nel 1827 va in Inghilterra e incontra Francis Bauer, un illustratore botanico dei Kew Gardens che apprezza l'invenzione e ne intuisce l'utilizzo nella sua disciplina quindi lo invita a presentarla alla Royal Society. Niépce non è un bravo oratore, la sua dissertazione è piena di errori e imprecisa sui dettagli del procedimento, l'invenzione viene rifiutata.

Rimane una rara testimonianza della sua scoperta datata 1825, che è definita la prima fotografia conosciuta Ragazzo con cavallo , conservata dalla Bibliothèque Nationale de France di Parigi. È una eliografia che riproduce un'incisione olandese del XVII secolo.

 

Louis Daguerre (1787-1851)

Nel 1829 Niépce incontra Louis Daguerre, diventandone amico e collaboratore.

Daguerre è un pittore di paesaggi, ma ha anche lavorato per il teatro come scenografo, sa dipingere i fondali grazie all'uso della camera oscura e li usa con particolare abilità sfruttando l'effetto delle luci durante le rappresentazioni, è inventore del diorama, un fondale dipinto grazie alla camera oscura .

Nel 1824 inizia i suoi esperimenti per fissare le immagini ottenute con la camera oscura, dal 1829 corrisponde con Niépce e insieme sperimentano sostanze chimiche, in particolare con le lastre di rame rivestite d'argento e rese sensibili da fumi di iodio.

Il loro sodalizio si interrompe nel 1833 quando Niépce muore.

Daguerre continua a cercare nuovi metodi e nel 1837 inventa un altro metodo positivo diretto.

Scopre l'immagine latente.

La lastra di rame con lo strato d'argento viene esposta alla luce finché non compare un'immagine visibile, ma il rivestimento sembra lo stesso prima e dopo l'esposizione completa. L'immagine compare solo tenendo la lastra su mercurio riscaldato.

Daguerre da buon uomo d'affari prudente mostra l'invenzione a Francois Arago, direttore dell'Osservatorio di Parigi.

L'importanza della scoperta, che verrà chiamata dagherrotipia è immediatamente compresa: il 7 agosto viene promulgato il decreto statale firmato dal re di Francia che sancisce l'acquisizione dei diritti sul processo dagherrotipico e l'iscrizione del nome sulla mitica Tour Eiffel.

In tal modo il governo francese si può gloriare di fronte al mondo intero della generosa donazione e l’ottico, cognato di Daguerre, Alphone Giroux, inizia a vendere i primi apparecchi fotografici.

È l’alba del mercato fotografico.

Daguerre protegge con un brevetto ottenuto a Londra, 14 agosto 1839, il “suo” apparecchio fotografico, senza il quale la conoscenza del suo metodo rimane solo teoria. In più, ogni esemplare, corredato dall'apposito manuale d'uso, è autenticato e porta su di un lato un cartiglio ovale con la dicitura e timbro su ceralacca: “Aucun appareil n'est garanti s'il ne porte la signe Mr. Daguerre et la cachet de Mr. Giroux. Le Daguerrotype. Exécuté su la direction de son auteur à Paris chez Alph. Giroux et Cie., rue du Coq, St. Honoré No.7” (Il Dagherrotipo. Nessun apparecchio è garantito se non porta la firma di M. Daguerre e il marchio di M. Giroux).

La prima fotocamera realizzata in serie è quindi la Giroux Daguerrotype. Alphonse Giroux, cognato di Daguerre, un restauratore e costruttore di mobili, ottiene la licenza da Louis Daguerre e da Isidore Niépce, figlio del defunto Nicéphore, per costruire fotocamere per dagherrotipia. La fotocamera di Giroux è migliore rispetto alla versione originale: è provvista di un obiettivo focale 380mm e apertura tra f/14 e f/15 creato dal progettista di microscopi e telescopi Charles Chevalier. Lo sportello anteriore dell'obiettivo si apre per permettere l'esposizione. La fotocamera è composta da due cassette: una posteriore piccola all'interno di un'anteriore più grande che scorrono l'una sull'altra per la messa a fuoco. Una vite d'ottone le fissa in posizione. Le cassette sono solide ma semplici, quindi di facile riproduzione. Si può calare sul retro uno specchio cosi il fotografo vede l'immagine comodamente e nel modo in cui sarebbe risultato il dagherrotipo, anche se destra e sinistra sono invertite. L'interno dell'apparecchio è rivestito di velluto nero per ridurre i riflessi dannosi all'immagine. La fotocamera è grande come una scatola per documenti d'ufficio ed è molto pesante, con gli accessori circa 50 kg. Si vendono in effetti anche una cassetta di iodio per la sensibilizzazione, una di mercurio per lo sviluppo, un fornello per scaldare il mercurio e gli chassis portalastre. Queste sono di formato standard e si producono anche in formati più piccoli, metà o un quarto di quello standard (cm. 21.5x16.5; 10.5x8; 7x5.5; 16x12; 8x7). Il kit completo ha un prezzo esorbitante: 400 franchi equivalente ad uno stipendio annuale medio.

W. Henry Fox Talbot (1800-1877)

L'inglese H.F. Talbot, si presentava così, nasce in una famiglia ricca, frequenta Harrow e il Trinity College di Cambrigde, può permettersi di viaggiare in Europa, di dedicarsi ai suoi vari interessi dalla matematica ai versi greci, all'astronomia e alla chimica.

Il suo interesse verso la fotografia gli si rivela nel 1833, quando con la famiglia sta trascorrendo un periodo di villeggiatura sul lago di Como. Incapace di trarre degli schizzi delle varie vedute, incomincia ad annotare esperimenti per trasportare il mondo materiale su carta per azione della luce. Tornato in Inghilterra chiede aiuto a John Herschel e si dedica completamente a questo progetto.

Sir John Herschel (1792-1871) di cultura poliedrica, è astronomo come il padre, ma si interessa alla matematica e alla chimica. I suoi suggerimenti chimici per "fissare" il materiale sensibile a base d'argento con una soluzione di tiosolfato di sodio sono fondamentali. A lui dobbiamo l'ntroduzione dei termini fissaggio, fotografia a sostituzione dell'espressione "disegni fotogenici" e quello di "negativo".

Talbot, diventato chimico esperto, nel 1835 inizia a lavorare con il nitrato d'argento e nell'agosto dello stesso anno realizza la prima immagine negativa, in cui le ombre sono chiare e la luce crea zone scure. Capisce che può ristampare il negativo così da ottenere un positivo. Nel 1840 dopo due anni di tentativi è in grado di fissare un'immagine su carta in otto secondi con il metodo negativo/positivo. Brevetta il procedimento con il nome di calotipia o dal suo nome talbotipia.

Ma la differenza tra il calotipo, a trama fibrosa e dettagli sfocati, e il dagherrotipo, nitido e preciso, innesca una battaglia fra nitidezza obiettiva e granulosità pittorica, vivo ancor oggi 2.

 

 

 

Note

1. Ang, Tom, Storia della fotografia. 1. I primi passi della fotografia. Roma : Gruppo editoriale l'Espresso, 2015, p. 14

2. Idem, p.26

 

curiosita'

Una storica pubblicità che cita Daguerre

Erano gli anni Sessanta e la pubblicità era affidata al talento di grandissimi attori di teatro come Ernesto Calindri e Franco Volpi. Il filo conduttore era la precarietà delle invenzioni e delle mode, come quella della fotografia! Da riguardare senz'altro! 



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